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action or later. Please see Debugging in WordPress for more information. (This message was added in version 6.7.0.) in /home/fquerini/webapps/fquerini/web/wp-includes/functions.php on line 6114Puoi ancora bere nella bellezza e pensare e meravigliarti del significato di ciò che vedi.
Rachel Carson
Ci piacciono le metafore e i giochi di parole, l’ironia e l’invenzione, e ci misuriamo con un pioniere, una persona audace e visionaria, un fondatore. Pratichiamo il reworlding e la meraviglia. Le parole d’ordine sono radici, arcipelago, labirinto, fondamenta. Per conoscere davvero queste parole si devono superare gli stereotipi, bisogna andare al cuore degli archetipi con l’unico movimento possibile: controcorrente, con coraggio e anche un po’ di azzardo. Si devono seguire le orme di Giovanni Querini Stampalia, il Conte, che ha affondato lo sguardo in profondità in modo netto e radicale, costruendo nuovi percorsi e gettando fondamenta, fondamenta che a Venezia, appunto, non sono solo gli ordinari e statici sostegni sotterranei degli edifici, bensì le strade che costeggiano i canali su cui si affacciano le isole dell’arcipelago. L’arcipelago è un paradigma spaziale che esprime una precisa ma discontinua relazione tra corpi, è questa la condizione topologica, il nesso essenziale tra architettura e città, forma stessa della città fatta di architetture conviventi e conniventi, pluralità irriducibili, diagrammi rizomatici del sapere e dell’organizzazione della conoscenza contemporanea.
La laguna che separa è l’elemento che unisce, cerniera, medium di una logica necessariamente frammentaria e fuori dalle gerarchie. L’arcipelago sprigiona una fertile potenzialità euristica a cui fa eco quella di enclave, presenze interconnesse di micro-paradigmi in tensione ma solidali, interdipendenti e resistenti.
«Se stiamo guardando al passato, dobbiamo al futuro il compito di scrutare oltre l’orizzonte, cercare le regioni remote del passato dove i visionari si rintanavano ai margini, sussurrando sogni di un mondo migliore e disegnando piani per realizzarlo», sone le parole di Grafton Tanner, e Giovanni Querini Stampalia è stato un visionario, audace, intraprendente e radicale. La sua preziosa eredità è stata preservata promuovendo questo tratto distintivo che guarda alla sperimentazione e all’innovazione nel rispetto di una storia e di una tradizione.
Ho immaginato una Fondazione aperta, coraggiosa, accogliente, generosa e curiosa con un’attitudine open-source che prospera grazie allo spirito collaborativo, che ha la forza di assumersi rischi ponderati, facendo tesoro della sua grande esperienza. Un’istituzione che sappia conquistare la fiducia delle persone e rendere memorabile ogni visita.
Siamo pronti alla torsione: il movimento ci farà scrocchiare, sarà il segnale della fragranza che riusciremo a emanare, ci piacerebbe scoppiettare, scintillare e accendere lo sguardo di chi si avvicina e che insieme a noi si esporrà alla meraviglia del mondo e della nostra esistenza, alla ricerca di epifanie che trasformano con nuove ottiche e prospettive. La meraviglia è ispirazione, l’inizio della filosofia, dell’arte e della scienza. È desiderio che si sublima nella contemplazione o si accende nell’inquietudine della curiosità che ci sospinge a cercare. La meraviglia è la fonte e l’origine, la percezione che il labirinto da cui tentiamo di uscire è invece la forma interconnessa di tutto quello che coesiste. Vogliamo seguirne i movimenti, dissolverne i significati ordinari e abitarne dei nuovi. E se curiosità è desiderio di conoscenza, meraviglia è un desiderio di significato vissuto nella gioiosa consapevolezza che non sarà mai completamente soddisfatto, una never ending quest che non ci fa precipitare nel dubbio ma rende possibile la creazione di radici ancora più profonde per viaggiare ancorati ad altre certezze e non impigliati in sterili contraddizioni logiche.
Alla Querini siamo tutti invitati a fare filosofia pronti allo stupore di una scoperta inaspettata, a sgranare gli occhi per aumentare, letteralmente, la visione, per abbracciare l’eccedenza, l’abbondanza, il sovrappiù di cui fare scorta. Siamo invitati ad approssimarci, quel movimento ad alta tensione che ci fa avvicinare alle cose e alle persone, senza la presunzione di fare centro dell’esperto o del dilettante.
Giovanni Querini Stampalia oggi potrebbe fare sue le parole di David Thorp: «Mi aspetto da un’istituzione artistica del XXI secolo che sia flessibile, sincera, democratica, multiculturale, contraddittoria e audace. Splendida quando è ricca, eroica quando non ha denaro. Deve avere la testa fra le nuvole, funzionare in maniera esemplare, avere lo spirito di squadra, i piedi per terra e un cuore grande così. Mi aspetto che ami gli artisti, si prenda cura del pubblico e rimanga aperta sino a tardi». Una definizione che non smetto di citare e che non capisco perché non sia sulla bocca di tutti, nella consapevolezza di quanto la cultura contemporanea risulti spesso caotica, opaca, imprevedibile e ingovernabile. Ma è proprio in queste caratteristiche che può trovare la sua energia e la sua forza. Paura e conformismo contraddistinguono un’estetica della recessione che equivale a un irresistibile desiderio di adattarsi ai tempi, di appiattirsi sulla logica della sopravvivenza, della contrazione e della chiusura impedendo a qualsiasi potenzialità di esprimersi e di brillare.
Bisogna riaccendere la passione per il futuro che non è affatto un disegno inesorabile ma lo spazio del progetto. Bisogna però anche scegliere la propria eredità e esserne responsabili, riconoscere il debito verso il passato per comprenderne tutta la portata senza che questo ci impedisca, a nostra volta, di lasciare traccia del nostro tempo. Accettare l’eredità significa mettersi all’opera, darle un nuovo impulso, mantenendola in vita, inevitabilmente contaminarla, mettendone in evidenza la frattura, luogo della contaminazione per antonomasia, soglia che separa e unisce come l’acqua a Venezia.
Serve un poco di eterodossia e uno slancio utopico. Nabokov diceva: «nel proprio passato ci si sente sempre a casa?». Ho aggiunto io il punto interrogativo: conserviamo il futuro mentre ce lo inventiamo per sentirci ovunque a casa.
Cristiana Collu,
Direttrice della Fondazione Querini Stampalia
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