La Fondazione Querini Stampalia è tra le più antiche istituzioni culturali italiane. Dal 1869 promuoviamo “il culto dei buoni studi, e delle utili discipline”, con lo sguardo curioso e la passione per il futuro.
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Fondazione Querini Stampalia
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Dal 1869 promuoviamo “il culto dei buoni studi, e delle utili discipline”, con lo sguardo curioso e la passione per il futuro.
Il deserto insegna a rinunciare a ogni aggettivo. Allora l’architettura diventa quasi naturale, percorribile da tutti, da chi conosce la città e da chi non la conosce.
Alla Fondazione Querini Stampalia di Venezia, la mostra sul Diriyah Art Futures curata da Marta Francocci, il primo hub del contemporaneo per l’arte digitale e i new media dell’Arabia Saudita progettato dagli italiani Schiattarella Associati.
Voluto dal Ministero per la Cultura saudita, inaugurato lo scorso novembre a Riad, questo spazio per la ricerca, l’esposizione, la residenza di artisti internazionali, è parte di un ecosistema creativo in continua espansione nel quale arte e architettura contemporanee sono diventate strategiche sotto la spinta delle trasformazioni previste da Vision 2030.
La mostra occupa la straordinaria ala al pianterreno, disegnata all’inizio degli anni ‘60 dall’architetto Carlo Scarpa. Attraverso plastici, schizzi, video, disegni, fotografie, oggetti, lo spazio racconterà l’edificio e insieme una visione dell’architettura.
Nella sala centrale, su un grande piano l’impronta dell’edificio costruito a nord della Capitale saudita, nella regione desertica del Mena. I volumi sono d’oro, un’allusione all’architettura realizzata in pietra di Riad e alla terra, entrambe sensibili alla luce accecante e asciutta che proietta ombre potenti come volumi. Il deserto diventa una metafora dell’azzeramento, di un’architettura capace di rinunciare, come l’architettura tradizionale saudita, a ciò che non è in grado di dialogare con “l’intelligenza” del luogo, con la storia che vi si è accumulata. La sabbia solidificata del deserto, il fango, il vento, l’ombra, tutto nel Diriyah Art Futures diventa materia contemporanea, capace di far dialogare la dimensione umana e il digitale, il rigore della geometria con il caso e l’irripetibilità della natura.
Per gli architetti Schiattarella quello del dialogo è un tema cruciale. Se al centro della stanza è l’edificio realizzato ad essere protagonista, sulle pareti e nella saletta adiacente è la nebulosa delle idee che lo hanno prodotto a prendere il sopravvento, una lunga conversazione che sembra andare avanti da sola fra materia e luce, vuoti e pieni, memoria e futuro, spazi antropizzati e natura. Nella mostra, la presenza di un fotografo straordinario. Nel 2023 Paolo Pellegrin, uno dei fotografi più premiati al mondo, è a Riad nel “piccolo universo” del cantiere del Diriyah Art Futures. Pellegrin, come gli architetti, si concentra dove la soglia fra luce e ombra rivela il dinamismo dell’edificio spostandosi continuamente, dove la materia diventa “profonda”. “Mi piace sentire il gesto dell’architetto che scava”. In mostra, una serie di “composizioni” dove compaiono gli edifici ancora in costruzione, gli uomini al lavoro, il wadi, anche questi in una “conversazione potenzialmente infinita”.
Il Diriyah Art Futures è fra i progetti invitati alla Biennale di Venezia 2025 (Corderie dell’Arsenale) nella mostra Intelligens. Naturale. Artificiale. Collettiva. a cura di Carlo Ratti.
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