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Arte contemporanea

Un dialogo tra storia e futuro

Leggere il nostro tempo

Il palazzo non è solo un contenitore del passato, ma un luogo in continua trasformazione.
Il programma ‘Conservare il futuro’ chiama artisti contemporanei a confrontarsi e dialogare con gli ambienti, le collezioni e gli archivi, a prenderne ispirazione per opere nuove, nel segno di una continua sperimentazione.
Alcuni lavori abitano questi spazi solo per la durata di una mostra, altri vi rimangono, lasciati in dono dagli artisti: ‘intrusi’ che aprono nuove prospettive al visitatore. Linee analoghe di indagine sono aperte nei settori della letteratura, della poesia, del teatro, della danza, del design, della grafica e della fotografia.

 

Conservare il futuro

 

Dal 1997 per ‘Conservare il futuro’ Chiara Bertola, ideatrice e curatrice del progetto, suggerisce connessioni fra il patrimonio della Fondazione e l’arte contemporanea, con progetti site specific.
Una sfida che implica il confronto con un passato da tutelare e un futuro da progettare e coinvolge l’istituzione, il pubblico, gli artisti.
Questi ultimi fanno da traghettatori, svelano fratture, inventano connessioni. Mostrano qualcosa che rischiava di andare perduto o di non essere più visto.
Nel tempo sono stati protagonisti: Joseph Kosuth, Michelangelo Pistoletto, Giuseppe Caccavale, Lothar Baumgarten, Mauro Sambo, Ilya & Emilia Kabakov, Giulio Paolini, Margarita Andreu, Elisabetta Di Maggio, Remo Salvadori, Kiki Smith, Georges Adéagbo, Stefano Arienti, Maria Morganti, Mariateresa Sartori, Mona Hatoum, Anita Sieff, Marisa Merz, Qiu Zhijie, Haris Epaminonda, Jimmie Durham, Giovanni Anselmo, Roman Opałka, Danh Vō, Isamu Noguchi, Park Seo-Bo.

Le relazioni inaspettate di Joseph Kosuth

Sulla facciata del palazzo brillano i neon dell’americano Joseph Kosuth. Esponente dell’arte concettuale, li ha piegati a tracciare parole primordiali: 'Linee astratte', 'Forme della terra (cristalli)', 'Forme dell’acqua (onde)', 'Forme dell’aria (nuvole)', 'Forme organiche (conchiglie)'; l’installazione conta dodici scritte luminose a varie altezze. È 'La materia dell’ornamento', 1997. Kosuth si è ispirato a 'Le pietre di Venezia' di John Ruskin, (1851 - 1853). La classificazione di elementi architettonici decorativi per categorie pensata dal critico d’arte inglese diventa qui ornamento essa stessa, attivando relazioni inaspettate.

Il tempo e lo spazio di Remo Salvadori

'Nel momento' è un dono di Remo Salvadori come traccia della mostra 'L’osservatore non l’oggetto osservato', del 2005. È un lavoro del 1973, ricavato dal taglio e dalla piegatura di tre fogli di piombo. L’atto di tagliare, secondo rapporti numerici e armonici, per l’artista è un esercizio di disciplina. Lo scopo è schiudere la materia alla forza della luce e sottrarla all’ottusità della propria natura buia e sorda. I fogli di piombo disposti a terra tracciano un percorso di relazione, scandito dal confronto con l’architettura ‘nel momento’ di tempi e spazi differenti.

Il gioco della seduzione di Kiki Smith

La scultura 'Io (seated)' nella Casa Museo è una statuina seduta, donata dall'artista americana come ricordo della mostra 'Homespun Tales. Storie di occupazione domestica', del 2005. Rivisita il mito greco di Io, sacerdotessa della dea Era, moglie di Zeus. Invaghito della donna, Zeus ricorre a uno dei suoi soliti stratagemmi per sedurla al riparo della gelosia di Era, tramutandosi in una nube. Nell’interpretazione contemporanea di Kiki Smith sembra che la giovane sacerdotessa stia giocando con una matassa, lucente e misteriosa, la nube. Che sia lei, in realtà, a condurre il gioco della seduzione?

Il diario cromatico di Maria Morganti

Così Maria Morganti parla del suo lavoro: “Io non faccio il colore, lo trovo”. L’artista ha concepito il dipinto 'Sedimentazione' per la Sala dell’Ottocento della Casa Museo in occasione della personale del 2008. Prendendo spunto da oggetti e quadri esposti nella sala, in particolare dall’impasto cromatico di un fiore tra i capelli de 'La modella' di Alessandro Milesi (1910), ne assorbe le tinte. Il processo creativo è evidente sul bordo superiore della tela, dove si accumula in strisce sottili la storia delle stratificazioni: è il diario cromatico, l’accumulo dell’esperienza, la traccia del lavoro dell’artista.

Il passato e presente di Stefano Arienti

'Porte tagliafuoco' è il titolo del lavoro di Stefano Arienti. Nasce per la mostra 'Disegni dimessi', del 2008. L’artista trasforma in opere d’arte due porte tagliafuoco del portego della Casa Museo, mimetizzandole con l’ambiente settecentesco. Arienti applica ai battenti pellicole adesive, di plastica, che imitano il legno, di quelle che si trovano comunemente in commercio. Le taglia a piccoli rombi, fingendo un intarsio di varie essenze e che imita quello delle porte antiche presenti nell’ambiente. Le porte acquisiscono così un nuovo valore e diventano una soglia simbolica fra passato e presente.

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